Il diagramma di Foucault

Maria Giulia Dondero 

https://doi.org/10.25965/visible.307

Sommaire
Texte intégral

[...] insospettate affinità tra figure, sismogrammi e posizioni dell’indicatore su quadranti non graduati per un verso, e tra pittogrammi, piante di circuiti e parole per l’altro. Alcuni confini antichi e vaghi sono violati, e realizzate nuove alleanze e separazioni significative.

Nelson Goodman, I linguaggi dell’arte

0. Introduzione

Note de bas de page 1 :

 Nelson Goodman, Languages of Art, London, Bobbs Merrill, 1968 ; trad. it. I linguaggi dell’arte, Milano, Il Saggiatore, 1976.

In vista della nostra riflessione sull’arte del diagramma, vorremmo partire da un punto che consideriamo critico proprio nella teorizzazione del diagramma, cioè lo specifico funzionamento che gli è stato assegnato da Nelson Goodman1.

Partendo dalla nota distinzione tra regime allografico e regime autografico Goodman, invece di identificare il diagramma con la convenzionalità notazionale dei grafici (e quindi con l’allografia), riserva al diagramma uno statuto che lo riconnette, per quanto riguarda la sua significazione, alla storia della sua produzione (autografia). Non si tratta però soltanto di pensare il diagramma come qualcosa che viene tracciato all’interno di una pratica di produzione, ma anche come qualcosa che viene costruito percettivamente. Tutto ciò ci porta a cogliere il diagramma come il punto limite tra regimi di funzionamento semiotico autografici e allografici, come punto di contatto tra pratiche produttive e percettive e come punto di commensurabilità tra domini diversi, l’arte e la scienza. Da una parte il diagramma diviene grafico, dall’altra diviene quadro astratto, teatro di forze che si offre come proto-narrazione e ritmo di un percorso percettivo. Il diagramma non deve dunque essere confuso con lo schema : allo schematismo e al rapporto type-token si sostituisce il localismo del diagramma e la sua natura sensibile. Se lo schematismo ha una grande tradizione filosofica, la diagrammaticità ha purtroppo sempre occupato un posto laterale. Ci permettiamo allora il gioco di fissare noi una piccola tradizione attraverso il solo ripetersi di un nome : Foucault, Jean-Bernard, Foucault, Michel, Foucault, Henri. È a quest’ultimo, quello con meno tradizione, che dedicheremo la nostra attenzione.

Come mostreremo nelle analisi delle opere di questo artista francese, è grazie alla costruzione di relazioni diagrammatiche che la pratica artistica può riflettere sulle diverse tecniche, sulla polimatericità e su una possibile grammatica del visivo.

1. Diagrammaticità e pittorialità

Prima di entrare nel merito della produzione di Henri Foucault è bene ritornare con più precisione alla lezione di Goodman per meglio inquadrare le questioni che ci troveremo ad affrontare.

In Linguaggi dell’arte Goodman distingue tra sistemi densi (autografici) e sistemi notazionali (allografici) : i sistemi densi, ad esempio, sono ben esemplificati dall’arte pittorica, e i sistemi articolati e disgiunti (appunto notazionali) riguardano arti come quelle musicale o architettonica, dove lo spartito o il progetto architettonico sfruttano un linguaggio articolato, detto notazionale, per dare delle istruzioni di esecuzione.

Note de bas de page 2 :

 Per una rivisitazione critica della teoria goodmaniana cfr. Pierluigi Basso, Il dominio dell’arte. Semiotica e teorie estetiche, Roma, Meltemi, 2002, e per quanto riguarda la relazione tra autografia e allografia nel caso della fotografia cfr. Maria Giulia Dondero, Fotografare il sacro. Indagini semiotiche, Roma, Meltemi, 2007, § 2 e P. Basso Fossali & M. G. Dondero, Semiotica della fotografia. Investigazioni teoriche e pratiche di analisi, Rimini, Guaraldi, 2006, § 1.

Goodman indica che le notazioni (articolate e non dense) non risultano estetiche fintantoché non si traducono nella loro esecuzione, per esempio musicale o architettonica : l’esecuzione, al contrario della fase istruzionale, incarna un sistema denso di tratti2. L’esteticità di un testo dipende quindi in larga parte dalla densità di tratti che si rendono pertinenti alla lettura : la densità sintattica e semantica di un’opera rimanda all’idea che la prensione del senso estetico debba tendere ad una assunzione di rilevanza di ogni tratto dell’espressione e del contenuto. Del resto, maggiore è il grado di densità sintattica e semantica, minore è la possibilità di differenziare e articolare le marche che compongono i simboli, e quindi di costruire una notazionalità e una « riproducibilità ». Le arti notazionali sono costituite da una prima fase di natura istruzionale, dove le istruzioni non sono degli oggetti d’arte autonomi, ma semplicemente mirano a rendere possibili delle esecuzioni.

Note de bas de page 3 :

 Ricordiamo che anche Gilles Deleuze (Francis Bacon. Logique de la sensation, La Différence, 1981 ; trad. it. Francis Bacon. La logica della sensazione, Quodlibet, Macerata, 1995, p. 170) sottolinea la distinzione tra diagramma e codice simbolico, dato che quest’ultimo sarebbe basato su « grandi opposizioni formali » che per Goodman apparterrebbero ai sistemi notazionali.

Note de bas de page 4 :

 I sistemi densi non rispondono ai due requisiti minimi dei sistemi notazionali, cioè i requisiti sintattici di differenziazione e disgiunzione ; ad esempio il dipinto all’interno di un sistema rappresentazionale, è assente di differenziazione, cioè la sua densità va di pari passo con l’assenza di articolazione nello schema simbolico (N. Goodman, Languages of Art, op. cit., trad. it. p. 191).

Note de bas de page 5 :

 I sistemi densi non sono mai banalmente iconici, nel senso che restituiscono una versione del mondo, perché comportano sempre una costruzionalità (data dalla stessa intermediazione di un sistema simbolico) e dall’altra parte i diagrammi sono delle icone di relazioni, cioè il diagramma non è mai puramente simbolico e convenzionale.

Note de bas de page 6 :

 N. Goodman, Languages of Art, op. cit., pp. 191 e sgg.

Goodman non pone affatto il diagramma dalla parte delle arti allografiche in opposizione a quelle dense, autografiche, come sarebbe invece il caso dello schema – che possiede una legenda e delle codificazioni strette –, anzi inserisce la diagrammaticità all’interno dei sistemi densi, autografici e la situa come punta estrema di una scala tensiva alla cui opposta estremità si pone la pittorialità3. Goodman allenta così la distinzione netta tra pittorialità e diagrammaticità inserendole entrambe lungo una scala tensiva all’interno dei sistemi densi : sia la pittorialità che la diagrammaticità si differenziano dai sistemi notazionali, cioè dai sistemi articolati e differenziati4. Ma la diagrammaticità e la pittorialità non sono nozioni sostanziate e reificate, al contrario dipendono dallo sguardo che posiamo sui testi e dalla pratica di fruizione. Diagrammaticità e pittorialità si distinguono fra loro per la relativa saturazione/rarefazione dei tratti che rendiamo pertinenti durante la nostra pratica di lettura : al crescere della densità dei tratti, ci si avvicina alla pittorialità dove è semplicemente meno precisa la corrispondenza tra un simbolo e un’estensione in un sistema dato5. Infatti Goodman afferma che una stessa configurazione testuale visiva non è in se stessa pittoriale o diagrammatica, ma può essere letta come pittoriale o come diagrammatica, ossia ricondotta ad un sistema più o meno denso ; nel primo caso, quello della lettura pittoriale, il numero di tratti pertinenti del testo è in numero elevato, nel secondo caso, quello della lettura diagrammatica, vi è una forte economia dei tratti considerati6.

Note de bas de page 7 :

 Ibid., trad. it, p. 194.

L’esempio classico offerto da Goodman è quello di un elettrocardiogramma e del disegno del Monte Fujiyama di Hokusai. Ipoteticamente identici, cioè visivamente indiscernibili, differiscono per grado di saturazione7, ossia per il numero di tratti sintattici contingenti/pertinenti. Se confrontiamo, insieme a Goodman, un elettrocardiogramma con un disegno del Monte Fujiyama di Hokusai, notiamo che le linee nere segmentate su sfondo bianco possono essere esattamente le stesse in entrambi i casi. Tuttavia, uno è un diagramma, l’altro è una figura. Che cosa produce la differenza ? Ovviamente, qualche tratto dei due diversi schemi secondo i quali i due segni funzionano come simboli. Ma, essendo entrambi gli schemi densi, quale tratto ? Goodman afferma a questo proposito :

Note de bas de page 8 :

 Ibid., corsivi nostri.

La risposta non sta in ciò che è simbolizzato ; le montagne possono essere diagrammate e i battiti cardiaci disegnati. La differenza è sintattica : gli aspetti costitutivi del carattere diagrammatico, a paragone del carattere pittorico, sono espressamente e fortemente ristretti. I soli tratti rilevanti del diagramma sono l’ordinata e l’ascissa di ciascuno dei punti attraversati dal centro della linea. La sottigliezza della linea, il suo colore, la sua intensità, la dimensione assoluta del diagramma, ecc. non contano : che un supposto duplicato del simbolo appartenga o no allo stesso carattere dello schema diagrammatico non dipende affatto da tali tratti. Quanto invece allo schizzo, il discorso è diverso. Qualsiasi assottigliamento o ispessimento della linea, il suo colore, il suo contrasto con lo sfondo, la sua dimensione, persino la qualità della carta – nessuno di questi tratti può essere trascurato o ignorato. Per quanto i due schemi, pittorico e diagrammatico, siano simili per il fatto di non essere articolati (cioè entrambi sono non-notazionali), alcuni tratti, che sono costitutivi nello schema pittorico, sono tralasciati come contingenti nello schema diagrammatico ; i simboli nello schema pittorico sono relativamente saturi8.

Note de bas de page 9 :

 Ibid., trad. it. p. 198.

Note de bas de page 10 :

 « Ciò che in un sistema è un quadro può essere una descrizione in un altro ; e che un simbolo denotativo sia rappresentazionale, dipende non dal fatto che assomigli a ciò che denota, ma dalle sue relazioni con gli altri simboli in uno schema dato. Uno schema è rappresentazionale solo nella misura in cui è denso ; e un simbolo è una rappresentazione solo se appartiene a uno schema denso da un capo all’altro, o a una parte densa di uno schema parzialmente denso » (Ibid., trad. it. p. 192).

Il passaggio dal rappresentazionale al diagrammatico avviene quindi attraverso la restrizione degli aspetti sintattici salienti, costitutivi dei testi9. Niente è quindi intrinsecamente una rappresentazione pittoriale : lo status di rappresentazione è relativo al sistema simbolico considerato di volta in volta e alla pratica di sguardo che viene attuata10. L’identità della testualità è prospettica, e può essere incrinata in ogni momento non appena essa venga inserita all’interno di un’altra pratica.

2. I fotogrammi oscurati nella produzione di Henri Foucault

Note de bas de page 11 :

 Per una recensione critica della mostra, mi permetto di rimandare a Maria Giulia Dondero, « Arts de la lumière : le corps diaphane dans la photographie sculptée », Nouveaux Actes Sémiotiques, n° 104-106, Limoges, Pulim, 2006, pp. 208-214.

Dopo questa premessa, vorrei prendere in considerazione alcune opere dell’artista francese Henri Foucault, ospitato nell’estate 2005 dalla Biennale di Venezia a Palazzo Fortuny con una mostra dal titolo Satori. Fotografia scolpita11.

Lungo tutta la sua produzione, fatta di fotografie, fotogrammi, disegni, sculture, video, Foucault riflette sugli spettri cromatici, sulla sottrazione di luce, sulla sensibilità alla luce dei fotogrammi, sulla relazione tra iscrizione luministica fotografica e punti-luce della scultura, sull’incontro tra materiali a differente gradiente di opacità e riflettenza, insomma, in una parola, sui meccanismi della visibilità. E spesso lo fa mostrando al pubblico tutti i passaggi del suo fare artistico, come accade ad esempio con il video di Tada Ima, di cui vengono esposti anche i quaderni preparatori.

Fig. 1 - Henry Foucault, Lumière noire

Fig. 1 - Henry Foucault, Lumière noire

In molti casi addirittura Foucault tratta gli schizzi preparatori come opere autonome, autografiche, oppure produce opere che assomigliano più a grammatiche di tratti, a partiture, ad inventari piuttosto che a testi densi, nei quali, però, ogni tratto non è parte di un alfabeto e di un sistema notazionale, ma è costitutivo e saliente.

Note de bas de page 12 :

Le riproduzioni delle opere di Henry Foucault che illustrano questo articolo sono pubblicate con la gentile autorizzazione dell’artista.

Molte delle sue opere sono costruite attraverso una tecnica mista, cioè attraverso differenti materiali e gestualità : la fotografia è quasi sempre presente soprattutto in quanto fotogramma, cioè non come testualità densa, quanto piuttosto, in molti casi, come oggetto materiale, come mera superficie fotosensibile che però ha rinunciato alla sua stessa funzione, quella di « iscrivere e conservare » formanti luminosi. Il fotogramma di Foucault rimanda agli usi più arcaici della lastra fotosensibile, addirittura al bitume di Giudea, utilizzato da Niecephore Niépce negli anni ’40 dell’Ottocento, sostanza pesante e opaca. Lo si vede chiaramente in opere quali Lumière noire del 1998 (fig. 1)12 o Imago (fig. 2) del 1994 dove la carta fotosensibile che, per definizione, dovrebbe « catturare » i flussi luminosi imprimendoli, si oscura e rinuncia alla resa dei simulacri del mondo attraverso un gesto iconoclasta e diventa semplicemente carta.

In Lumière noire Foucault alterna dei rettangoli di carta spalmata di catrame (papier goudronné) e i fotogrammi neri tutti ugualmente inquadrati da cornici in alluminio, « inscatolati », costruendo così un’equazione tra materiale catramoso e materiale fotonico. Questi fotogrammi non costituiscono al loro interno alcun campo di elementi potenzialmente saturi e densi, anzi negano la concezione dell’immagine fotografica intesa sia come testualità autografica, traccia di un punto di vista, che come sistema denso di rappresentazione : la carta foto-sensibile resiste ai fotoni, alla luce del mondo, al suo compito di strumento impregnante. In queste opere, della pratica fotografica è resa pertinente più la parte prettamente fisico/chimica, piuttosto che l’atto di fotografare : a Foucault non interessa l’apparecchio fotografico e la scelta del punto di vista, ma la lastra sensibile (o insensibile) in quanto tale, resa oggetto, unità, atomo, al servizio di composizioni di pattern astratti.

In Imago la carta impregnante smette di rappresentare la figuratività del mondo per diventare un materiale opaco all’interno di una scacchiera di materiali di diversa riflettenza, una forma geometrica all’interno di una composizione di forme geometriche, un posizionamento all’interno di una rete di posizionamenti. Il fotogramma rinuncia alla figuratività del mondo per diventare oggetto, rinuncia a ciò a cui è abitualmente destinato, cioè a costituire una testualità densa di forme modulate su zone di luce ed ombra per entrare a far parte di una rete di relazioni che diagrammaticamente rimandano ad altre relazioni, ancora fra luce ed ombra, ma questa volta esemplificate dall’oggetto stesso, e non semplicemente rappresentate.

Per quanto riguarda l’arte del fotogramma, sin dalle prime sperimentazioni nell’Ottocento, tutta la letteratura sul tema ha sempre reso pertinente il concetto di metatestualità, dato che il fotogramma rinvia a una tecnica che è per definizione una riflessione sui funzionamenti di impressionatura della lastra fotosensibile, sui meccanismi di assorbimento della luce, dell’iscrizione delle forme, ecc. Con Lumière noire e Imago siamo ancora una volta di fronte a un caso meta, ma non tanto di metatestualità, quanto, piuttosto, potremmo forse dire, di meta-oggettualità : in Imago la carta fotosensibile si nega in quanto superficie di iscrizione ; al contrario si combina, in quanto materiale, con altri materiali rispetto ai quali costruisce diversi tipi di modulazione della luce, a seconda di come si articolano le forme geometriche e del punto di vista assunto di volta in volta dall’osservatore. La carta fotografica non fissa le forme luminose una volta per tutte, ma costruisce delle modulazioni luministiche che dipendono dal movimento dell’osservatore. Non viene iscritta dalle configurazioni luministiche, ma si iscrive essa stessa nell’ambiente della fruizione, all’interno di una scacchiera di materiali di diversa opacità e brillantezza, scacchiera di relazioni luministiche che viene resa operativa dal corpo osservatore.

Fig. 2 - Henry Foucault, Imago

Fig. 2 - Henry Foucault, Imago

Fig. 3 - Henry Foucault, Spectre

Fig. 3 - Henry Foucault, Spectre

2.1 La serie Spectre tra grammaticalità e densità

Interessante ci appare indagare ancora l’utilizzo del fotogramma in alcune serie quali Spectre (fig. 3). Qui tutte le immagini appartenenti alla serie sono costituite da due tipi di materiali, il fotogramma e la gouache, pittura a tempera, anche detta a guazzo, usata dagli scenografi : è un materiale poco denso, privo di colle, che rende facile, agile, quasi scivoloso il gesto.

La carta fotosensibile e la pittura a guazzo sono materiali e tecniche che appartengono di norma alla costituzione di sistemi linguistici densi, ma in questo caso sembrano utilizzati in modo piuttosto diverso. Infatti, ancora una volta, la carta fotosensibile non funziona come una superficie di iscrizione che va a costituire una testualità di forme, una densità di tratti, ma significa semplicemente in quanto materiale opaco – si rende cioè asignificante il fatto che la carta fotografica sia fotosensibile.

Inoltre, le parti dell’immagine trattate a guazzo non tengono in memoria un caratteristico fare fluido e rapido, costruito su fattori di inerzia dati dalla materia-apporto ; al contrario descrivono delle geometrie, delle circonferenze esatte. I fotogrammi, dal canto loro, sono ridotti a piccoli cerchi neri, simili a pastiglie circolari, legati tra loro da cerchi concentrici, colorati, tracciati a guazzo nei colori primari. I fotogrammi a pastiglia più esterni sono bianchi e neri, quelli nella fascia mediana sono tracciati da fili bianchi che assomigliano a sottili spaghetti ; su un’altra circonferenza i fotogrammi sono totalmente oscurati e al centro troviamo infine un ultimo cerchio nero tracciato ancora una volta da fili di colore metallico. L’immagine, e la serie all’interno della quale è inserita, è costruita su un gioco di ripetizioni/variazioni e reiterazioni di relazioni. Nelle altre immagini appartenenti a Spectre i fotogrammi cambiano disposizione : in questo caso, ad esempio (fig. 4), i fotogrammi neri e quelli striati di linee bianche si alternano, mentre prima erano posti su diverse circonferenze.

Fig. 4 - Henry Foucault, Spectre

Fig. 4 - Henry Foucault, Spectre

A prima vista quest’opera appare, come del resto ci suggerisce il titolo, come il fantasma di uno spettro cromatico sul modello del cerchio di Newton, fantasma dell’incontro fra differenti nuclei materici e differenti saturazioni/rarefazioni dell’energia luministica. Questa serie non è però solo un’opera che riflette sull’incontro tra materie cromatiche e energie luministiche, ma è un’opera centrata su diversi modi di visualizzazione delle relazioni e sulle trascrizioni possibili dei cambiamenti di posizione.

Scorgendo brevemente le altre « soluzioni » attuate da Foucault sempre all’interno della serie Spectre (fig. 5, 6), notiamo che i tipi di relazione tra le pastiglie nere, e i colori dei cerchi delle circonferenze, si moltiplicano : le relazioni si intensificano anche tra diverse circonferenze, oppure si disfano del tutto, o mettono tutto in relazione con tutto. Ci appare chiaro che queste diverse tavole (una trentina) costruiscono una riflessione sulle molteplici combinazioni possibili tra cerchi di luce oscurata, circonferenze colorate e differenti distanze, quasi a voler costruire una grammatica di possibili relazioni e combinazioni - compito e destino da sempre propri alle arti allografiche, notazionali.

Fig. 5 - Henry Foucault, Spectre

Fig. 5 - Henry Foucault, Spectre

Fig. 6 - Henry Foucault, Spectre

Fig. 6 - Henry Foucault, Spectre

Sembra che Foucault promuova una sorta di notazione a partire da materiali quali il fotogramma e il gouache, come se, a partire da materiali e tecniche utilizzati nei sistemi densi, volesse problematizzare la tensione in atto tra un sistema pittoriale e uno notazionale, problematizzare insomma la costruzione paradossale di una grammatica di tratti costitutivi.

Note de bas de page 13 :

 Cfr. a questo proposito anche Maria Giulia Dondero, « Quand l’écriture devient texture de l’image », Visible, n° 2 (a cura di M. G. Dondero & N. Novello Paglianti), Limoges, Pulim, 2006, pp. 13-34.

Se la fotografia, come la pittura, è un’arte autografica13, cioè ogni suo tratto iscritto deve a priori essere reso pertinente perché denso e non contingente, qui sembra al contrario che il fotogramma funzioni come unità materiale articolabile e ricombinabile all’interno di una notazione sul modello dello spartito musicale, che si offre come un sistema astratto di relazioni e di istruzioni, costruite per essere utilizzate in seconda battuta, cioè tradotte in un’esecuzione.

In queste immagini Foucault pratica la fotografia in modo molto particolare : il fotogramma rinuncia alla resa di una sintassi figurativa, per produrre un sistema di relazioni che va verso la rarefazione dei tratti, lo scioglimento della densità ; il fotogramma infatti viene utilizzato come mero materiale che costruisce dei pattern astratti di relazioni e dei sistemi di rispondenze. In questo senso, queste immagini, costituite da materiali e tecniche più vicini alle arti autografiche, mirano a funzionare alla stregua dei sistemi meno densi : sono immagini che si pongono quasi come modelli per, come avviene nel caso dello spartito musicale o del progetto architettonico, o di altri tipi di modelli trasponibili.

Note de bas de page 14 :

 In effetti, come abbiamo già rimarcato per le altre immagini, la tecnica del rayogramma e le forme di focalizzazione astrattiva tipiche del fotogramma non vengono rese pertinenti, e nemmeno la memoria discorsiva della gestualità propria alla pittura a guazzo.

Lo spartito musicale ha una valenza che trascende la sua stessa materialità, la grana e il colore della carta, la dimensione del pentagramma, ecc., e si offre come sistema di relazioni che esemplifica dei pattern di suoni. Le note scritte sul pentagramma, afferenti a un sistema notazionale, sono quindi meno dense di ciò che esemplificano, vale a dire un insieme denso di suoni. Dal canto loro, queste immagini sembrano essere delle partiture di posizionamenti e corrispondenze matematiche di cromatismi e combinazioni luministiche che trascendono la materialità dell’immagine, come se essa non contasse più in tutti i suoi aspetti costitutivi, autografici14. In un certo senso sembra che queste immagini tengano in memoria l’esemplificazione completa dei tratti, tipica dei sistemi pittoriali, ma che funzionino diversamente, come delle esemplificazioni per rarefazione se non, addirittura, come dei tentativi di costruire un alfabeto di forme e materiali.

Il paradosso di queste immagini è che la fotografia deve scendere sotto il suo minimum di sintassi figurativa e farsi materia fotografica densa e opaca per costruire una sorta di notazionalità visiva. È qui che interviene la lettura diagrammatica, sorta di dispositivo che si attua tra l’azione della rarefazione e della saturazione, fra la grammaticalizzazione dei tratti e la loro saturazione : la lettura diagrammatica compie una riduzione dei tratti costitutivi di una configurazione per farla assurgere a esemplificazione di una forma di relazione trasponibile ad altro, cioè fungibile da modello interpretativo per altri oggetti, o altri funzionamenti : nel nostro caso, il funzionamento della percezione visiva nell’incontro tra luci, colori, materiali. In questo senso possiamo forse capire perché queste immagini ci appaiono come modelli per, notazioni che attendono una esecuzione : in questa tensione tra possibile saturazione dei tratti delle materie dense e lettura di una notazione visiva è il nostro atto percettivo che produce un’esecuzione, una visione che sta fra i due movimenti, fra le due forze, fra i due sistemi di pertinenze, fra il sistema di pertinenze della densità polimaterica e delle sue sintassi produttive e il sistema notazionale della codificazione combinatoria.

Infatti, se consideriamo Spectre in tutte le sue varianti, vediamo che più che i posizionamenti dei pianeti, e una cosmologia, come può apparire a primo sguardo, le immagini/variazioni di Spectre si costituiscono come messa in scena di relazioni matematiche e di un gioco combinatorio, di tensioni strutturali tra posizionamenti in movimento, cioè di relazioni non visibili : non si tratta qui di rappresentare una figuratività, ma di significare delle forze in divenire.

Ed è proprio questa messa in causa di un minimum di figuratività – sia attraverso i fotogrammi neri resi atomi materici a funzione prettamente ottica, sia attraverso la geometrizzazione della pittura a guazzo, sia attraverso la messa in scena di un gioco di combinazioni astratte e reiterabili all’infinito – che ci porta ad affermare che queste immagini compiono un’esemplificazione diagrammatica : una relazione diagrammatica è un’equivalenza tra due rapporti, una relazione di relazioni. In Spectre le relazioni delle pastiglie nere tra loro e con le circonferenze esemplificano altre relazioni : a un livello enunciativo, la relazione dei colori spettrali, del sistema cromatico e della luce, e a un livello enunciazionale, i meccanismi della visibilità e della nostra modulazione dello spettro visivo.

È proprio attraverso immagini che giocano sulla combinatoria matematica, sull’inventario di tratti possibili e sull’esaurimento delle variazioni, che si arriva a esemplificare diagrammaticamente i meccanismi, densi, della percezione visiva.

2.1.1 La notazione visiva e lo sguardo diagrammatico

Note de bas de page 15 :

 G. Deleuze, Logique de la sensation, op. cit., trad. it. p. 179.

Ci sarebbe dunque un uso temperato del diagramma, una specie di via intermedia dove il diagramma non è ridotto a codice e, tuttavia, nemmeno invade l’intero quadro. Evitare al contempo il codice e l’offuscamento15.

Note de bas de page 16 :

 Michel Foucault, Surveiller et punir. Naissance de la prison, Gallimard 1975 ; trad. it. Sorvegliare e punire. Nascita della prigione, Torino, Einaudi, 1976.

Note de bas de page 17 :

 Ibid., trad. it. p. 224.

Come avviene nel caso della musica, dove il sistema denso dei suoni viene esemplificato da un sistema di tratti rarefatti che si costituiscono in notazione, quella dello spartito, diversamente nel caso di Foucault le immagini che rinunciano alla densità dei tratti della rappresentazione figurativa mettono in campo un sistema di relazioni astratte al limite della leggibilità (ci si domanda infatti : le pastiglie nere sono pianeti, atomi, elettroni, funzionamenti dell’occhio di fronte a diverse intensità luministiche ?), e esemplificano le relazioni percettive del regime dell’intravisione. Spieghiamoci meglio. La notazione è una risoluzione di pertinenze prestabilita : si sa che la carta dello spartito, il colore con cui sono scritte le note, ecc. non sono pertinenti rispetto alla significazione. Del resto quello a cui arriva Foucault non è una vera e propria notazione, perché non mira a costruire un sistema articolato, codificato e differenziato ; piuttosto nella prensione delle sue opere prima si mettono a significare tutti i tratti come si fa con un sistema denso – legato ai materiali, alle tecniche e alle diverse sintassi produttive – , e in un secondo tempo si fa economia di tutto questo per mettere in atto un’esemplificazione di relazioni che può essere valevole e trasponibile per delle altre relazioni, come quelle della visione – anch’esso sistema denso, come quello dei suoni. Anche per un altro Foucault, Michel16, la prima caratteristica che definisce il Panopticon in quanto sistema di forze diagrammatiche è la sua trasferibilità : « Il Panopticon […] è il diagramma di un meccanismo di potere ricondotto alla sua forma ideale […] è in effetti una figura di tecnologia politica che si può e si deve distaccare da ogni uso specifico »17. L’ordinamento panottico, diagrammatico, è dunque facilmente trasferibile.

La ricerca di una notazione visiva mira in un primo tempo a depauperare il numero di tratti pertinentizzabili delle immagini ma, in un secondo tempo, è proprio la lettura notazionale che permette di passare a un livello più astratto di densità, un livello meta, un livello diagrammatico che mina la figuratività per offrirci una nuova visione, una configurazione visiva che esemplifica le modulazioni possibili dello spettro visivo. Il fare economia di tratti pertinenti di ciascuna « arte del fare », di ciascuna tecnica, è una strategia che serve a Foucault per trovare uno spazio che renda commensurabili le diverse sintassi produttive : quella del fotogramma, del gouache, del collage, e come vedremo, della fotografia e della scultura. Le sue opere sono sempre polimateriche : la tecnica mista costruisce una totalità integrata anche se le diverse sintassi produttive sono « deviate » (il tipico « fare a guazzo » è tanto lontano dal tracciare linee geometriche quanto il « fare fotogrammatico » è lontano dall’oscuramento totale e dall’opacità a bitume).

Foucault costruisce delle opere che « sviano » il loro caratteristico gesto, e la riflessione dell’artista è proprio dedicata alla combinazione di differenti materiali che mantengono in memoria delle tecniche, sistematicamente negate. In questo straniamento di materiali e sintassi produttive, in questa tensione tra memorie di sistemi densi e ricerca di una grammaticalità del visibile e del percepibile, le opere di Foucault vanno alla ricerca di una commensurabilità tra gesti e materiali straniati : di uno spazio interstiziale, o meglio infimo, come vedremo più avanti, a partire dal quale si costruisce uno sguardo altro, lo sguardo diagrammatico.

Note de bas de page 18 :

 G. Deleuze, Logique de la sensation, op. cit.

Il diagramma è la costituzione di una totalità ottenuta dall’incontro fra interstizi, come pensa il Deleuze che studia l’opera di Francis Bacon18 : che cosa sono i « tratti asignificanti » di Bacon se non degli interstizi all’interno di una costruzione figurativa, che viene infatti da questi sfigurata e rinnovata ? Non è un caso che in Lumière noire il catrame venga « messo in quadro », incastonato in una serie di rettangoli di alluminio, o che in Spectre la pittura scivolosa a guazzo venga anch’essa irreggimentata a tracciare linee geometriche, essenziali, precise, che potremmo chiamare « utilizzo a guazzo della geometria » - per Deleuze il diagramma è fatto proprio di « ossatura e sensazione ».

Note de bas de page 19 :

 Ibid., trad. it. p. 168.

Il funzionamento diagrammatico è un sistema operativo che si inserisce all’interno di un altro sistema e lo sfigura, come avviene quando Bacon immette le famose zone di Sahara all’interno della rappresentazione figurativa, descritta come una « catastrofe sopravvenuta […] tra i dati figurativi e probabilistici »19.

Se il diagramma si inserisce, nel caso di Bacon, tra i dati figurativi e quelli probabilistici, in Henri Foucault si introduce tra lo sguardo che satura i tratti dell’opera polimaterica e la ricerca di una geometrica grammaticalità : il diagramma appare quando tra due sistemi di pertinenze avviene, come afferma Deleuze, « un cambiamento di unità di misura », una conversione dell’uno nell’altro e viceversa.

Note de bas de page 20 :

 Ibid., trad. it. p. 231.

In Henri Foucault lo sguardo diagrammatico tiene in tensione da una parte la polimatericità, le sintassi diversificate, la memoria di una gestualità, e dall’altra, la ricerca di una grammaticalità, di un codice, di una notazione : il diagramma è quello sguardo che lega due sistemi di pertinenze, quello dei diversi materiali e delle loro sintassi produttive da una parte, e quello del codice astratto di possibilità del vedere dall’altro, è un modulatore di diversi regimi di sguardo, è l’incontro fra interstizi di diversi sistemi di sguardo, resi totalità. Dalla tensione fra interstizi infatti qualcosa deve uscire, se è vero che, come afferma Deleuze : « L’essenziale del diagramma è di essere fatto perché qualcosa ne esca, e fallisce se nulla ne viene fuori »20. Che cosa ne viene fuori, nel caso di Foucault ? Una nuova forma di visibilità che dimostra che il diagramma non è qualcosa di fissato, di oggettificabile, di sostanziabile, o di dato a priori, al contrario è in via di costruzione durante la nostra sintassi percettiva, durante la sintassi attenzionale in cui scegliamo il sistema di pertinenze per la nostra lettura : il diagramma produce una trasposizione reciproca tra due regimi di pertinenza percettiva.

Se il grafico, ad esempio, è notazionale perché ha bisogno di una legenda ed è quindi differenziato e articolato, il diagramma è sempre in costruzione lungo il nostro percorso percettivo : l’estetica di Foucault si fonda infatti su un’estesica della percezione, su una ricerca sulla costituzione « evenemenziale » della materia del visibile. Ce lo dimostra anche un’altra serie, intitolata Videndi delectatio, del 1994. La prima immagine (fig. 7) problematizza la direzionalità dell’attenzione, il gioco dell’intravisione, del vedere insieme, del vedere come scelta tra diverse messe in prospettiva, mentre la seconda immagine (fig. 8), costellata di cerchi che sembrano inventariare le diverse forme di incontro tra luce ed ombra, porta una scritta su due pagine di quaderno, che recita queste parole : « Juste avant que la lumière me révèle la beauté du monde, et dresse devant mon regard les ombres de toutes choses, je pourrai entrevoir cet espace infime qui relie le visible à l’invisible » (corsivi nostri).

Questa frase conferma la necessità di sottrarre la visione del mondo, la rappresentazione delle ombre di tutte le cose per arrivare allo spazio che Foucault chiama infimo perché ai limiti della percettibilità, che si rivela

Fig. 7 - Henry Foucault, Vivendi delectatio

Fig. 7 - Henry Foucault, Vivendi delectatio

Fig. 8 - Henry Foucault, Vivendi delectatio

Fig. 8 - Henry Foucault, Vivendi delectatio

Fig. 9 - Henry Foucault, Vivendi delectatio

Fig. 9 - Henry Foucault, Vivendi delectatio

essere il pertugio dell’intravisione. La terza immagine (fig. 9) mostra una rete di relazioni possibili fra diverse combinazioni della luce e dell’ombra, diverse modulazioni tra energia luministica e ostacoli materiali.

Mi interessa, prima di passare ad un altro tipo di immagini, ritornare sulla frase dell’opera di Foucault, e soprattutto sull’idea di intravisione di uno spazio infimo (« entrevoir cet espace infime qui relie le visible à l’invisible ») e ancor più precisamente sull’aggettivo infimo, che significa minimo, minimale, ristretto, infinitesimale, spazio dell’infiltrazione, come quello spazio diagrammatico di cui parla Michel Foucault quando descrive il meccanismo del Panopticon in quanto infiltrazione della modalità disciplinare del potere

Note de bas de page 21 :

 M. Foucault, Surveiller et punir, op. cit., trad. it. p. 235.

fra le altre, talvolta squalificandole, pur servendo loro da intermediario, collegandole fra loro, prolungandole, e soprattutto permettendo di portare gli effetti del potere fino agli elementi più sottili e più lontani. Essa assicura una distribuzione infinitesimale del potere21.

Questo spazio infimo, ristretto, interstiziale, ma totalizzante, dell’intravisione, è proprio lo spazio diagrammatico in cui avviene quel cambiamento dell’unità di misura di cui parlava Deleuze, cioè la trasformazione tra densità delle forme e dei materiali, da una parte, e esemplificazione dell’operatività delle forze, dall’altra. Ma, come già detto, lo spazio infimo è anche da intendere come lo spazio interstiziale, di possibile commensurabilità tra le diverse sintassi produttive « straniate » del loro gesto caratteristico all’interno di un’opera polimaterica, come dimostrano le immagini di Spectre, ma anche alcune opere di fotografia scolpita che andiamo ora ad analizzare.

3. Polimatericità, cenestesia e spazio diagrammatico dei Satori

Note de bas de page 22 :

 G. Deleuze, Logique de la sensation, op. cit., trad. it. p. 168.

Come se si cambiasse unità di misura, sostituendo alle unità figurative unità micrometriche, o al contrario, cosmiche. […] Il diagramma è pertanto l’insieme operativo delle linee e delle zone, dei tratti e delle macchie asignificanti e non rappresentative. E l’operazione del diagramma, la sua funzione, dice Bacon, è di suggerire o più rigorosamente, di introdurre, delle « possibilità di fatto »22.

Sarebbe un errore pensare che nella sua ricerca sulla visibilità Foucault abbia usato il fotogramma solo per oscurarlo ; al contrario la sua riflessione sulla figura umana e sulla modulazione del corpo è stata svolta in larga parte attraverso il fotogramma. Foucault ci ha lavorato soprattutto ultimamente con le opere Sosein e Satori del 2004.

Entrambe le opere fanno parte di quella che Foucault chiama fotografia scolpita : il fotogramma viene lavorato attraverso delle tecniche scultoree, per via di levare o per via di aggiungere. Nel caso di Satori, il materiale fotografico viene trattato in modo aggiuntivo, al contrario nel caso di Sosein, per via di levare. Ci dedicheremo qui solo alle immagini che costituiscono Satori (fig. 10), oggetti composti ognuno da quattro pannelli fotografici (52 cm x 62 cm) posti in verticale fino a formare la silhouette di un corpo umano sulla quale sono piantate delle teste di spillo in acciaio inox alte 4 cm.

Ancora una volta, ci troviamo di fronte a una tecnica mista. In Spectre Foucault metteva in relazione due tipi di tecniche produttive e due materiali diversi : quello fotografico e la tecnica pittorica a guazzo, mentre in altre opere la carta fotosensibile si confrontava con il « fare collage » e con la carta trattata a bitume incollata per costruire una tensione tra effetti materici e pattern astratti. In questo caso siamo di fronte a una vera trasposizione sul materiale fotografico di una tecnica scultorea preparatoria : si tratta di « impunturare » la superficie eterea dei corpi di luce attraverso una tecnica che si chiama « messa a punti » (mise aux points).

I corpi femminili di Satori sono sospesi nell’etere, del tutto privi di ancoraggio : sono corpi senza peso all’interno di un’atmosfera impalpabile. Attorno alle zone del corpo più abbaglianti, quelle più fortemente impresse sulla lastra fotosensibile e che subiscono il massimo di solarizzazione, troviamo alcune zone più sfocate, a bassa densità di materia luminosa. Queste zone brumose rendono i contorni del corpo sfilacciati, evanescenti : a costituire i limiti del corpo è la sintassi distributiva delle teste di spillo.

Fig. 10 - Henry Foucault, Satori

Fig. 10 - Henry Foucault, Satori

L’intera superficie è letteralmente « punta » da questa miriade di teste di spillo scintillanti, conficcate nella carta fotografica alla maniera di un agopuntore : le silhouettes bianche ne sono letteralmente invase ; i corpi catturano la luce delle teste di spillo e vibrano grazie allo sguardo e al movimento dello spettatore. Questi spilli costruiscono l’unico ancoraggio materiale dei corpi evanescenti, ma soprattutto costruiscono un contorno, e quindi una totalità chiusa là dove c’era una silhouette di luce vaporosa. È attraverso questa armatura metallica di perforazioni che vengono prodotti dei confini e che la silhouette diventa corpo, è grazie a questo « tenersi insieme » che la silhouette auratica si fa involucro. Queste perforazioni non feriscono il corpo, non lo lacerano : al contrario hanno il potere di « compattarlo » e delimitarlo.

Più precisamente e più tecnicamente, Henri Foucault utilizza la tecnica della mise aux points della superficie fotografica : mette a punti la superficie diafana del corpo impressionato. La messa a punti è un’azione presa a prestito dalla tecnica dello scultore che reperisce su un modello originale (per esempio in gesso) dei punti di riferimento – che vengono materializzati da un certo numero di chiodi. Riportati meccanicamente su un blocco di pietra, questi punti permettono allo scultore di abbozzare più o meno precisamente una copia. Più si moltiplicano i punti di riferimento, più si arriva a trasporre fedelmente il modello nella pietra o nel materiale prescelto. Se per lo scultore si trattava di moltiplicare i punti di riferimento per rendere verosimile la totalità del modellato del corpo umano, in Satori l’estensione dei punti di riferimento su tutta la superficie del corpo non mira affatto a rendere più fedele la rappresentazione del corpo, quanto piuttosto a esemplificare l’involucro corporale come totalità di sensazione e come connettore intersensoriale.

Note de bas de page 23 :

 Jacques Fontanille, Soma et séma. Figures du corps, Maisonneuve et Larose ; trad. it. Figure del corpo. Per una semiotica dell’impronta, a cura di P. Basso, Roma, Meltemi 2004.

Satori rappresenta il farsi di una sensazione attraverso le « punture locali » della carne che si estende lungo tutto l’involucro corporale : le teste di spillo formano sul corpo impresso una rete che funziona come una pelle, come un involucro che mette in relazione l’insieme degli stimoli ricevuti. In questo senso possiamo affermare che Satori esemplifica il principio stesso della cenestesia. Come dice Fontanille23, si dà cenestesia quando vi è connessione generale e immediata di tutte le sensazioni nel solo luogo che sia loro comune : l’involucro corporale. L’involucro corporale ha la capacità di mettere in rete e in risonanza l’insieme delle percezioni, attrae e mette in rete i singoli stimoli sensoriali.

Satori rappresenta un sentire massimamente intenso (acciaio che brilla) e nello stesso tempo massimamente esteso (gli spilli si estendono sulla totalità della superficie corporea impressa). Le sensazioni locali, i « pungoli », vengono ridistribuiti nella rete globale. Come nella sensazione cenestesica, il localismo della sollecitazione si ridistribuisce nella rete dell’interconnessione globale. Grazie a questa ridistribuzione, la parte del corpo impresso che è in ombra è percepito tanto intensamente quanto la parte sollecitata : ogni canale sensoriale attivato viene disindividuato e al canale sensoriale si sostituisce la totalità integrata di tutte le sollecitazioni. La forma di vita della cenestesia si ottiene per totalizzazione e integrazione di valori, per disindividualizzazione dei sensi a favore della rete inglobante.

Il fare scultoreo del « mettere a punti » costruisce una rete fitta e totalizzante di punti-luce sulle forme evanescenti della superficie fotografica. Ancora una volta siamo di fronte all’incontro tra due sintassi produttive differenti : quella dell’impressionatura e della solarizzazione, da una parte, e quella dell’impunturare e del conficcare, dall’altra. Da una parte l’evanescenza delle forme, dall’altra la fissazione di punti, di localismi di luce a una regolare e infima distanza. Se da una parte la costruzione in pannelli delle lastre fotosensibili e la tecnica dell’impressionatura mirano alla costruzione di una sintassi figurativa riconoscibile, quella di un corpo di donna, la tecnica della messa a punti, e la distribuzione regolare degli spilli scintillanti costruiscono uno spazio geometrico : dalla tensione fra questi due spazi e fra queste due tecniche produttive esce uno spazio di commensurabilità prodotto dalla nostra infravisione, dal nostro vedere mediano, dal nostro sguardo modulatore.

Note de bas de page 24 :

 Ibid.

Dalla messa in palinsesto degli organi del corpo passiamo alla costituzione di un corpo senza organi, di un’interconnessione sensoriale attraverso il nostro sguardo e il nostro movimento davanti all’immagine : è il nostro sguardo che costruisce lo spazio infimo dell’intravisione, è il nostro sguardo che costituisce quella che Deleuze chiama una totalità operativa, un cambiamento di unità di misura, una nuova visione. È quindi il nostro occhio in movimento a funzionare come un diagramma : è il nostro occhio cinestesico davanti a Satori a poter essere definito come diagrammatico. È, come afferma Deleuze, come se si cambiasse unità di misura, o meglio come se si passasse da una unità di misura all’altra e viceversa, ed è in questo passaggio fra sistemi di pertinenze visive diverse che si costruisce una totalità operativa che tiene insieme le diverse sintassi figurative24. Lo scintillio delle teste di spillo potrebbe produrre un accecamento, quella che Deleuze chiamava una zona di Sahara, di catastrofe ; ma l’accecamento viene controllato, e ordinato dalle forme evanescenti sulle quale si inserisce, o meglio si infiltra, l’azione del conficcare : l’incontro tra l’evanescenza delle forme impresse e la geometria delle teste di spillo fa germinare una nuova visione che è un’intravisione che rende commensurabili le due diverse sintassi di istanziazione. Non siamo qui di fronte solo a un’armonia plastica che si astrae dalla materialità dell’oggetto, ma a un dialogo fra materiali e gesti produttivi diversi : un gesto esteso, durativo e unico nel caso dell’impressione, e un gesto localizzato, intenso e ripetuto nel caso della messa a punti.

La metatestualità di Foucault è costruita sulla tecnica mista, e sulla polimatericità resa geometria. Ogni tecnica mista concerne forze e materiali appartenenti a sintassi di istanziazioni diverse nell’intermezzo delle quali si reperisce un diagramma comune, una commensurabilità tra forze e materie di istanziazione. La logica relazionale del diagramma ha il potere di costruire una commensurabilità tra tecniche, data da un’intravisione. Il diagramma si svincola da un solo regime di sguardo, e dalle proprietà di una certa configurazione, per farsi trasduttore di una forma di relazioni valevole per descrivere altre relazioni.

Per concludere

Per riassumere, e concludere, possiamo quindi affermare che l’analisi della produzione di Henri Foucault ha messo in evidenza tre caratteristiche essenziali del funzionamento del diagramma:

1) il fatto che la relazione diagrammatica funzioni innanzitutto come trasposizione analogica da un oggetto culturale a un altro (dall’incontro tra materiali e tecniche diverse all’esemplificazione dei meccanismi della visione, dallo spettro cromatico alla modulazione del nostro spettro visivo).

Le valenze diagrammatiche non sono forme astratte, ma sono legate alla trasponibilità, alla traducibilità di valenze ; la loro trasposizione descrive il funzionamento diagrammatico, quella stessa commensurabilità e trasponibilità tra sistemi di organizzazione che ha già problematizzato Michel Foucault descrivendo, attraverso l’architettura ottica del Panopticon, un nuovo tipo di società, quella disciplinare e, attraverso dei sistemi di visione non simmetrici, l’esemplificazione dello spazio interstiziale, infimo e infinitesimale, ma massimamente diffuso e capillare, dell’esercizio del potere. In questo senso la relazione diagrammatica rivela un potere di esemplificazione (e non di denotazione) di relazioni altre ;

2) questa trasponibilità di valenze si lega direttamente allo spazio interstiziale e alla commensurabilità tra ossatura e sensazione, densità e notazionalità, saturazione e rarefazione, e tra diverse sintassi figurative. Il diagramma è un modulatore tra due regimi di pertinenza percettiva ed è dall’incontro di spazi interstiziali che si costruisce una nuova totalità di visione.

Queste due caratteristiche della funzione diagrammatica, trasponibilità e commensurabilità tra sistemi di pertinenze diverse, mettono in relazione l’opera di Henri Foucault con la riflessione filosofica di Michel Foucault, che teorizza una trasponibilità di relazioni da un oggetto culturale a un altro, da un modello architettonico di visione a un sistema di vita ; ma c’è infine un altro scienziato che costruisce un’equivalenza diagrammatica non meno importante, che si chiama anch’egli Foucault, ma questa volta Jean-Bernard (1819-1968) che nel 1851 appende un pendolo lungo 67 metri alla cima del Pantheon di Parigi il cui movimento dimostra il movimento di rotazione della Terra attorno al proprio asse polare. Tra la forze di oscillazione del pendolo e il movimento della Terra si costruisce una diagrammatica « infima » ; se il moto terrestre non appare, non è visibile, si tratta di trovare uno spazio interstiziale perché questo si possa, trasposto, manifestare attraverso una tensione di forze. Il dispositivo del pendolo, come del resto quello del Panopticon, costruisce uno spazio testuale di iscrizione dove diverse forze (oscillazione e rotazione in questo caso) trovano una commensurabilità. Lo spostamento del pendolo all’interno del Pantheon permette l’intravisione della rotazione della Terra.

3) Terza ed ultima caratteristica che le opere di Henri Foucault hanno messo in evidenza, sia con Spectre, che con Satori, è che il diagramma non è affatto dato a priori, prima della nostra percezione, o meglio prima della nostra selezione tra densità e saturazione di tratti lungo il nostro atto di osservazione. La commensurabilità di forze, e di materiali, è in divenire assieme al nostro sguardo e al nostro movimento : la lettura diagrammatica è una rete di relazioni in divenire che avviene durante la nostra sintassi percettiva.